L’Antropologia

Antropologia

L’Antropologia (“scienza dell’uomo”) si dedica allo studio delle manifestazioni culturali e di sistemi di vita che caratterizzano i gruppi umani in tempi e spazi diversi.

L’Antropologia analizza il concetto di “cultura” e ci mostra la varietà di abitudini, usi, tradizioni, espressioni economiche, politiche, religiose e artistiche dei differenti popoli della terra.

Un inquadramento dell’antropologia

L’antropologia culturale studia l’essere imano in quanto elaboratore di cultura. Si differenzia dall’antropologia fisica che si occupa invece dell’evoluzione biologica e genetica dell’essere umano.

L’origine e l’ambito di applicazione della disciplina

L’antropologia si è sviluppata nel XIX secolo. Questo periodo ha visto la fondazione di importanti istituzioni, come la creazione a Londra, nel 1848, della Royal Anthropological Institute e la nascita a Parigi, nel 1855, della prima cattedra di antropologia. Negli Stati Uniti, sempre attorno alla metà dell’Ottocento, vennero pubblicati da Henry Lewis Morgan, gli studi sui nativi americani, considerati le prime ricerche moderne di antropologia.

Che cos’è l’antropologia?

L‘antropologia è una scienza che studia l’essere umano in quanto elaboratore di cultura, intesa come “insieme di risposte socialmente organizzate ai problemi di sopravvivenza posti dall’ambiente”. Gli antropologi cercano di cogliere il significato della vita sociale dei popoli attraverso indagini nello spazio (esplorando il nostro pianeta alla ricerca di popoli anche molto diversi da noi) e nel tempo (ricercando le nostre origini e come si è evoluto l’essere umano).

Alla base di questo studio si trova l’etnografia, una disciplina antropologica che si basa sull’osservazione diretta della vita sociale e culturale di una comunità, la raccolta di dati sul campo, mediante interviste. Questa indagine richiede spesso la permanenza prolungata del ricercatore presso il popolo oggetto di studio.

Gli indirizzi degli studi antropologici

L’antropologia può essere culturalefisica. L’antropologia culturale, che considera la produzione di cultura come tratto distintivo degli esseri umani, si differenzia dall’antropologia fisica, che studia l’essere umano come essere biologico, soggetto alle regole dell’evoluzione della specie.

Diverse sono le specializzazione dell’antropologia culturale, che si differenziano in base agli ambiti di indagine. Elenchiamo le principali:

  1. antropologia della parentela (studia le relazioni di parentela tra le diverse società);
  2. antropologia della religione (studia le pratiche, le credenze e le istituzioni religiose nelle diverse culture e società umane);
  3. antropologia politica (studia le diverse forme di aggregazione, le istituzioni politiche e gli aspetti simbolici e rituali della politica);
  4. antropologia economica (studia la produzione e la distribuzione delle risorse, lo scambio e la condivisione dei beni);
  5. antropologia linguistica (studia il linguaggio umano e le relazioni tra lingua e cultura);
  6. paleantropologia (ricostruisce la vita dei nostri antenati nella preistoria).

La cultura nella prospettiva dell’antropologia

L’antropologia mostra come la cultura sia un fenomeno tipicamente umano e un processo dinamico che si trasmette da una generazione all’altra e si modifica attraverso l’incontro con altri gruppi umani

Linguaggio quotidiano e linguaggio specialistico

Il concetto di cultura in antropologia non corrisponde a quello del linguaggio quotidiano, dove è sinonimo di “istruzione”, “sapere”. Per meglio comprenderne il suo significato antropologico occorre dare qualche precisazione di ordine storico.

Analizziamo quindi le definizioni di “cultura” fornite dallo studioso britannico Edward Burnett Taylor nel 1871 e dall’antropologi statunitense Robert Borofsky alla fine del secolo scorso.

Edward Burnett Taylor

Nella sua opera “Primitive Culture” del 1871 Taylor scrisse che la “Cultura è quell’insieme complesso che comprende la conoscenza, le credenze, l’arte, la morale, il diritto, i costumi e qualsiasi altra capacità e abitudini acquisite dall’uomo in quanto membro della società“.

In questa definizione Taylor stabilisce un collegamento tra gruppi umani associati e cultura. Fanno parte della cultura le opere artistiche e letterarie, le leggi, il modo di vestire, le abitudini alimentari, le cerimonie civili e religiose,… Secondo questa definizione non esiste una distinzione tra cultura di basso livello (ad esempio i canti popolari) e cultura di alto livello (le sinfonie di Beethoven), dal momento che tutte le produzioni umane (materiali e intellettuali) sono ugualmente degne di rispetto e attenzione.

Il termine “primitivo” che compare nel titolo dell’opera di Taylor non deve essere inteso in senso dispregiativo, perché indica semplicemente i popoli che hanno tramandato i loro usi e costumi senza l’utilizzo della scrittura, ma grazie a resoconti di coloro che hanno avuto contatti con questi popoli (esploratori, medici,..). Per Taylor tutte le società hanno una propria cultura e non esistono popoli “selvaggi” e privi di civiltà, dato che nessun uomo vive in condizioni simili a quelle degli animali.

Robert Borofsky

La definizione di “cultura” di Borofsky, evidenzia con maggior enfasi che la cultura è un fenomeno specificatamente umano, che lo distingue dagli altri esseri viventi. Quello che manca agli animali è l’uso consapevole di strumenti simbolici, come il linguaggio, che permettono agli individui la divulgazione ed il progresso delle scienze e delle tecniche.

La cultura come insieme di processi

Borofsky nella sua definizione mette in luce la dinamicità della cultura. Alla definizione di cultura di Taylor, vista come una entità compatta, si è affiancata l’idea della cultura come un insieme di processi dinamici, che si trasmettono nel tempo tra generazioni diverse (inculturazione) e si diffonde nello spazio in seguito a contatti tra gruppi sociali diversi (acculturazione), generando scambi e trasformazioni.

L’inculturazione è la trasmissione verticale della cultura dagli adulti ai membri più giovani del gruppo sociale. L’acculturazione si riferisce invece alla trasformazione orizzontale di una cultura in seguito all’incontro con civiltà differenti.

Un tipo di trasmissione culturale oggi abbastanza frequente è quelle che viene detta socializzazione rovesciata, ovvero una forma di trasmissione verticale della cultura dai membri più giovani del gruppo sociale agli adulti e anziani. Nel mondo attuale i giovani sono infatti più pronti degli adulti ad assimilare le innovazioni tecnologiche e culturali, trasmettendole poi agli adulti.

L’antropologia di fronte al cambiamento

Nella società globale non esistono culture isolate e impenetrabili. L’antropologia rivolge l’attenzione a tutti i fenomeni collettivi del mondo contemporaneo.

I cambiamenti avvenuti nella seconda metà del Novecento hanno profondamente condizionato stili di vita e abitudini delle popolazioni indigene, mettendo in evidenza come le culture non siano isolate e impenetrabili, ma processi dinamici soggetti a cambiamenti.

L’esistenza di società tradizionali è considerata oggi una rarità. A riprova di questo l’inserimento nei pacchetti turistici di viaggi e soggiorni presso alcune culture tradizionali di paesi extraeuropei, come ad esempio le tribù Masai degli altopiani del Kenya.

Nella società “globale” non è più possibile pensare che esistano popoli e culture isolate e impermeabili ai cambiamenti. L’antropologia del secondo Novecento si è dovuta confrontare sia con la progressiva scomparsa delle culture indigene tribali, che sono state investite dal processo di globalizzazione, sia con culture sempre più interdipendenti che al loro interno sono differenziate ed articolate. Una prova tangibile di questa interdipendenza è data dalla presenza in ogni lingua di termini di uso quotidiano provenienti da altri idiomi

L’antropologia del secondo Novecento è stata quindi costretta al rinnovamento e all’ampliamento della sua sfera di indagine, e può applicare le sue tecniche di ricerca a tutti i fenomeni collettivi che caratterizzano il mondo contemporaneo: migrazioni di popoli, impatto delle nuove tecnologie di comunicazione, condizione dei profughi e dei rifugiati,…